Aosta… la Roma delle Alpi: il Teatro Romano

di © Riccardo Scuderi

Ho già avuto modo di parlare di Aosta nel precedente articolo Valle d’Aosta… terra di Castelli, ma in questo articolo intendo soffermarmi su uno dei monumenti più significativi di questo piccolo Capoluogo di Regione, uno dei simboli più importanti della “Roma delle Alpi”: i resti del Teatro Romano.

La sola facciata attualmente visibile è quella meridionale, alta ben 22 metri, caratterizzata da una serie di contrafforti e di arcate ed alleggerita da tre ordini sovrapposti di finestre di varia forma e dimensione.
Ben individuabili sono pure le gradinate ad emiciclo che ospitavano gli spettatori (cavea), l’orchestra (il cui raggio è di 10 metri), ed il muro di scena (ora ridotto alle sole fondamenta) che un tempo si innalzava col suo ricco prospetto ornato di colonne, di marmi e di statue.
Si è calcolato che il Teatro potesse contenere tre o quattromila spettatori. Addirittura alcuni studiosi ritengono che un tempo fosse dotato di copertura fissa.

Le foto che ho il piacere di condividere sono state scattate con la fedele Leicaflex SL2 munita di un obiettivo grandangolare 24mm, indispensabile per evidenziare l’imponenza dell’intera struttura. Inoltre la giornata particolarmente soleggiata ed il sole ad “ore 12”, quindi con ombre particolarmente “dure”, hanno esaltato la texture della struttura

La pellicola usata è una Fujifilm Acros 100 Iso, sviluppata con chimici IlFord.

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“Fare una fotografia vuol dire allineare la testa, l’occhio e il cuore. È un modo di vivere.”
(Henri Cartier-Bresson)

Oggettistica: ripresa con bottiglie

di © Ivan Mologni

La 1^ foto in ripresa è leggermente zoomata, dando un’immagine quasi irreale. La luce è direzionale sulla destra, con ombre ben determinate a sinistra:

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le foto 2 e 3 sono stampate con vetro lavorato a contatto con la carta sensibile. Si evince dalle sperimentazioni l’effetto ottenuto:

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LA FOTO-GRAFICA (senza macchina fotografica!)

di  © Ivan Mologni

Con oggetti opachi, la Foto-Grafica – è illimitata!

Vi elenco, in sequenza, le sperimentazioni eseguite:

  • Autoritratto – viraggio in blu (P.A. 2/2):

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  • Antica serratura:

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  • Ciotola in vetro in composizione con diapositive:

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  • Ingranaggi, forbici e puntine:

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  • Anatomia al femminile:

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Tecnica: su carta contrastata, con luce diretta attraverso l’ingranditore per circa 30 secondi. Provare a sperimentare anche con tempi più lunghi.

Carta ILFORD Multigrade IV RC Deluxe Satinatafiltro magenta 90.

Fate vostro l’orgoglio del passato con la certezza del futuro

 

 

 

Natura Viva!

La mia mano sinistra….

di © Ivan Mologni

Si, ho messo in posa la mia mano sinistra con il 60mm Macro Carl Zeiss f/2.8. L

L’illuminazione, alta e laterale, mi soddisfa e penso, in futuro, di fotografare altre parti del mio corpo…..

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Reportage domenicali di Ivan Mologni per le mura di città alta

Il mio peregrinare per Bergamo Alta, mi ha portato, lungo le mura di imbattermi in un “fotografo ambulante” di strada. Faceva foto con consegna di circa 10’ minuti.
Non ho resistito e con l’antica tecnica ottocentesca, mi sono fatto ritrarre con il mio fido bassotto Kiko Pota.

Funzionava il tutto così. In una macchina di legno (tipo banco ottico) ma per dimensione, il fotografo scattava una fotografia della posa su carta fotografica, calcolando l’esposizione con esposimetro Gossen Lunasix 3 e regolando tempo e diaframma.
Così facendo otteneva un negativo su carta che sviluppava in questa macchina di legno che conteneva un bagno unico: rivelatore e fissaggio.
Toglieva il negativo di carta in formato 10×15. Constatato il buon risultato, risciacquava il tutto e poi riproduceva con la macchina a distanza predisposta, il negativo di carta e otteneva su un altro foglio 10×15 il positivo.

Risciacquo e asciugatura in 10 minuti. E poi consegna.
Il buon risultato è quello che vedete nella stampa allegata: un positivo e un negativo con il sottoscritto e il bassotto.

Ho fatto anch’io alcuni scatti a questo fotografo di natura e stile ‘800. Ho saputo che è di Cisano bergamasco e si diverte alla domenica in questa eccezionale attività storica.
Parlando a lungo con lui l’ho portato a conoscenza che lo scrivente è Presidente del Fotoclub Bergamo e nei miei Corsi diffondo antiche tecniche: il viraggio, la cianotipia, la gomma bicromata e positivi su ferro. Qui ha risposto che è interessato e verrà a trovarci per apprendere queste affascinanti tecniche. A presto!!
Ivan Mologni

direttamente dalla “Storia” della fotografia: la FERROTIPIA


… e prossimamente i Soci del Fotoclub si cimenteranno anche in questo tipo di tecnica fotografica per ripercorrere i passi di coloro che ci hanno lasciato una così importante “fonte di informazioni indispensabili alla salvaguardia della nostra memoria storica e identità culturale“.

Un “effetto” veramente speciale: stampa alla gomma bicromata

La “stampa alla gomma bicromata” è un processo che ha avuto la sua massima diffusione tra la fine ottocento e i primi anni del novecento.
Si tratta di un procedimento di stampa “a contatto” per cui il negativo deve avere la stessa dimensione dell’immagine finale che si vuole produrre. L’immagine si forma su un foglio di carta per acquarello dove viene stesa una miscela di gomma arabica, pigmento e materiale sensibile. Il foglio viene esposto, a contatto col negativo, ai raggi di una lampada UV (ma va altrettanto bene la luce del sole).
Le parti che prendono più luce, in corrispondenza delle trasparenze del negativo, si induriscono e diventano insolubili; mentre le parti che si trovano sotto le zone più dense del negativo rimarranno solubili in acqua, dove avverrà lo sviluppo vero e proprio dell’immagine. Sensibilizzando il foglio è possibile includere pigmenti di varia natura e colore, dare così maggiore o minore intensità cromatica, e, in seguito, intervenendo nella fase di sviluppo, si potranno schiarire le alte luci. Questo tipo di processo è la radicale negazione della “standardizzazione”: ogni immagine, realizzata rigorosamente a mano, è un unicum mai perfettamente riproducibile. L’immagine si arricchisce in modo graduale in dettaglio e profondità mediante la progressiva aggiunta di strati di pigmento che si ancorano alla carta grazie all’azione della gomma e del materiale sensibile. A ogni nuovo strato, l’immagine prende una diversa forma, spessore, tonalità mentre l’azione dell’acqua, che può essere variata per temperatura e movimento, eliminerà l’eccesso di materia rivelando, in modo singolare, le luci più intense. Anche il Socio Aldo Mapelli, autore delle immagini riportate, espone alla Mostra “Le Mura e Bergamo Alta” – Sala Manzù 18/30 Maggio 2018.

Contax RTS III: Un chilogrammo di storia delle reflex

Con l’avvento del digitale, tutte le reflex analogiche, anche se di gran pregio, sono passate in secondo piano ma la Contax RTS III resta in assoluto una delle migliori macchine fotografiche mai prodotte;  sono sempre state macchine fotografiche ritenute da “specialisti” e non hanno avuto quindi una diffusione massiccia come per esempio le ottime Nikon.
Dal settembre del 2005 il marchio Contax ha cessato di esistere per “motivi di mercato”; la Kyocera ha chiuso questo ramo produttivo, iniziato con l’acquisizione del celebre marchio tedesco nel 1975, pur mantenendo viva l’assistenza tecnica.
1991 Contax RTS III -2La RTS III vide la luce nell’ormai lontano 1991, fu la prima e unica macchina fotografica ad avere il dorso pressapellicola aspirante: al momento di scattare la foto un sistema pneumatico aspira la pellicola, garantendone una perfetta planarità. Il suddetto dorso è in pregiatissimo materiale ceramico, e incorpora anche il dispositivo per stampare data e ora sulla pellicola. Ciò che, almeno per l’epoca, poteva stupire era che data e ora non venivano “invadentemente” sovraimpresse sull’immagine, ma in maniera microscopica tra un fotogramma e l’altro.
Questa solida macchina fotografica è pesante: pesa circa un chilogrammo, batterie e ottica esclusi. Dopo qualche ora di cammino anche il grammo pesa, ma occorre considerare che una macchina fotografica, usata a mano libera, più pesa e più è stabile; se utilizziamo lunghe focali è più facile degradare l’immagine per colpa di movimenti all’apparenza impercettibili e per ridurre al minimo il micro-mosso durante lo scatto (con macchina installata sul cavalletto), la RTS III permette il ribaltamento manuale dello specchio interno.
Però, nonostante il peso, è molto comoda da impugnare; addirittura, se orientata verticalmente, la si potrebbe adoperare anche con una mano sola e, per lo scatto, si può pure abilitare un secondo pulsante collocato lateralmente.
Il mirino è nitidissimo, ed è possibile la regolazione diottrica dell’oculare.
Le pile durano abbastanza (si possono usare sei batterie formato AA oppure una 2CR5) ma occorre attenzione al freddo intenso: il trascinamento della pellicola è motorizzato e con climi rigidi assorbe parecchio.  Comunque, adottando alcune precauzioni, la RTS III lavora anche con temperature prossime e addirittura inferiori agli zero gradi centigradi.
Il sistema elettronico che la governa è addirittura ridondante: esistono due cpu, casomai una si guastasse.
Le validissime ottiche Contax montano le pregiate lenti della Carl Zeiss.

E’ con macchine di questo tipo che si impara a fotografare in maniera “ragionata”, principalmente per queste ragioni:
-messa a fuoco manuale;
-nessun “programma”, ma tre modalità operative: priorità di tempi, priorità di diaframmi, regolazione interamente manuale;
-misurazione della luce media o spot: devi “conoscere” la luce e la pellicola, anche se l’esposimetro ti aiuta.
Difficile? Oggigiorno pare proprio di sì!
E’ ormai rarissimo trovare RTS III nuove e soltanto un vero appassionato potrebbe sborsare la cifra elevata tuttora richiesta; si trovano però ancora tra le usate ad un prezzo accettabile.

Un pò di Storia : la Gomma Bicromatica

Gomma Bicromata

foto 1La gomma bicromatata è un processo di stampa che ha avuto la sua massima diffusione tra fine ottocento e primi novecento. Si tratta di un procedimento di stampa a contatto in cui il negativo deve avere la stessa dimensione dell’immagine finale che si vuole produrre. L’immagine si forma su un foglio di carta per acquerello dove viene stesa una miscela di gomma arabica, pigmento e materiale sensibile.
Il foglio viene esposto, a contatto col negativo, ai raggi di una lampada UV a vapori di mercurio (ma va altrettanto bene la luce del sole).
Per leggere o scaricare l’intero articolo clicca qui Gomma Bicromata.

E tra i nostri Soci un vero esperto di questa tecnica: Aldo MapelliMA - stampa alla gomma bicromata tit Aria di casa