La storia siamo noi…A proposito di stampa analogica in Camera Obscura

di © Ivan Mologni

Presento un pannello mosaico con una fotografia di gruppo a colori scattata da un socio del F.C.B.. Come si può notare, è in sostanza possibile ottenere, da un negativo a colori, una stampa in bianco e nero. Ecco come:

  • si inserisce il negativo a colori nel portanegativi dell’ingranditore;
  • a tavoletta si mette un foglio di carta bianco-nero e si espone; i tempi sono più lunghi rispetto a quelli consueti (è vivamente consigliato fare dei provini);
  • la carta deve essere di tipo “extra contrasto”.

I risultati sono visibili nel pannello sottostante. E’ anche possibile ottenere un viraggio in seppia, sempre partendo da una stampa in bianco e nero. Lo scatto proposto rappresenta il nostro gruppo in attesa di un evento sportivo.

  1. foto a colori del gruppo in attesa di scattare;
  2. versione della foto in bianco e nero;
  3. ulteriore versione dello stesso scatto, virato in seppia;
  4. in sala posa con la modella Evelin – foto a colori su carta Cibachrome Ilford (scatto di Ivan Mologni);
  5. Sempre in sala posa del FCB, mentre lo scrivente è intento a fotografare la modella Daniela (lo scatto è di un allievo di un corso di ritratto indetto dall’associazione).

F.C.B.: L’importante è fotografare…non solo partecipare!

Provini Bianco/Nero e Colore

di © Ivan Mologni

Grazie al ” provinatore” Paterson ho eseguito dei provini in bianco e nero. Al riguardo, per facilitare una corretta lettura dei negativi, è molto importante l’inquadratura e la selezione degli stessi e non dimentichiamo di archiviarli correttamente in appositi faldoni da custodire in ambiente non umido e/o particolarmente caldo! L’ordine nell’archiviazione ci facilita il reperimento dei negativi, la loro numerazione ed i relativi dati tecnici.

Stesso discorso per il colore: richiedete comunque al laboratorio preposto a cui assegnate lo sviluppo di consegnarvi il prodotto ben custodito in materiali idonei alla conservazione.

“F.C.B.: La tradizione è sempre la scelta vincente!”

Realizzazione Calendario d’Autore 2021 con stampe da DIA – ILFORD CIBACHROME – A II

di © Ivan Mologni

Finalmente, con un po’ di fortuna, sono riuscito a reperire chimici e stampe ILFORD CIBACHROME – A II, presso un negozio di fotografia, chiuso in questo periodo di inventario. Ritrovato il materiale in giacenza, forse dimenticato, ma perfettamente sigillato e conservato, costituito sia da chimici che carte.

Era da tempo che speravo di stampare il calendario in questione con queste magnifiche stampe metallizzate – lucide ed alla fine ci sono riuscito! Mi sono servito del mio ingranditore Durst M 605 Color, con obiettivo Rodenstok f/4.5 insieme al Colorprocessor CPE2 della Jobo, diluendo i chimici secondo istruzioni per sviluppare la carta stampata, nel cilindro preposto Jobo Ciba. Rimando la descrizione dei vari passaggi e tempi all’agevole illustrativo che correda questo articolo, reperito dalla IlFord Info (*)

Per essere precisi nella calibrazione della filtratura e nella scelta dei tempi e diaframmi, mi sono avvalso di un telaio multimaschera che permette di ottenere 4 stampe formato 10 X 12 su un unico foglio di carta. Il provino che risulterà più soddisfacente verrà utilizzato – nei dati di tempo e diaframma – per la stampa finale definitiva nei formati 20 X 25 o 30 X 40.

Ma veniamo al mio CALENDARIO 2021 (prototipo) con note informative sui /sulle testimonial:

GENNAIO: Natasha in sala pose con fondale bianco. Illuminazione diffusa e luce direzionale spot di costruzione. Obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

FEBBRAIO: Maschera “Intesa” creata dal mascherero bergamasco Franz Cancelli. Obiettivo 35mm f/1.4 Distagon Carl Zeiss. In esterni con luce diffusa;

MARZO: Francesca in sala pose con fondale bianco con ventilatore ai piedi per creare l’effetto del movimento dell’abito e luce di costruzione morbida ad illuminare la scena;

APRILE: maschera del “Gruppo Astrolabio” dagli stessi ideata e realizzata – tema “il ghiaccio“. Ho interpretato il tutto, in esterni, in controluce con obiettivo 18mm f/2.8 Distagon Carl Zeiss;

MAGGIO: Fulvia – ballerina di danza classica, interpretata all’interno del Castello di Malpaga (BG) – Salone dei Ricevimenti del condottiero quattrocentesco Bartolomeo Colleoni. La luce ambiente data dal finestrone centrale; obiettivo 35mm f/1.4 Distagon Carl Zeiss;

GIUGNO: Arianna, fondale nero con una sola luce Bowens 800 Monolith. Utilizzato il flash e luce “pilota”- obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

LUGLIO: Sonia, anche in questo caso fondale nero con una sola luce Bowens 800 Monolith. Utilizzato il flash e luce “pilota”- obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

AGOSTO: Fulvia – ballerina di danza classica, interpretata all’interno del Castello di Malpaga (BG) – Salone dei Ricevimenti del condottiero quattrocentesco Bartolomeo Colleoni. La luce ambiente data dal finestrone centrale; obiettivo 35mm f/1.4 Distagon Carl Zeiss;

SETTEMBRE: Sara, fondale bianco con torce Bowens 800 Monolith, flash e luce pilota con tre punti luce di costruzione ad effetto schema classico di moda – dinamico; Obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

OTTOBRE: Arianna, fondale nero con una sola luce Bowens 800 Monolith. Utilizzato il flash e luce “pilota”- obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

NOVEMBRE: Ombretta, utilizzata la torcia Bowens 800 Monolith con accessorio spot ed un solo punto illuminante – effetto teatrale. Obiettivo 85mm f/1.2 Sonnar Carl Zeiss;

DICEMBRE: “La Maschera” – raffigurazione della “Neve” su ideazione del “Gruppo Astrolabio”, ripresa dallo scrivente con ambientazione presso la Porta delle Mura Venete di S. Giacomo, in esterni. Luce esclusivamente ambiente – stagione invernale.

P.S.: le riprese in sala posa sono state effettuate con tempo – sincro 1/125 e diaframma f/8 – f/11 a 100 ISO, con esposimetro Flash Gossen Sixtronet ad ago.

Di seguito, ho stampato – sempre con tecnica CIBACHROME – altre quattro immagini, da diapositiva KODAK EKTACHROME 100 (Made in U.S.A.). I temi rappresentati sono riferiti al Carnevale in Bergamo Alta:

  1. Maschere “Serenissime” – nata da un’idea del mascherero bergamasco Franz Cancelli. Le ho volute ambientare nel lavatoio di Città Alta (ora restaurato), in una posa rappresentativa, quasi di attesa, con movenze comunque aggraziate (obiettivo 85mm f/1.4 Sonnar Carl Zeiss);
  2. Maschere “Serenissime” in notturno a luce ambiente, con treppiede Triminor Manfrotto e testa a sfera con obiettivo 50mm f/1.4 Planar Carl Zeiss;
  3. Ritratto in sala posa con fondale nero – obiettivo 85mm f/1.4 Sonnar Carl Zeiss;
  4. Traghetto a Bellagio (Lecco) al tramonto – obiettivo 180mm f/2.8 Sonnar Carl Zeiss.

Dati tecnici:

  • Reflex Contax RTS II quarz;
  • Obiettivi 18/35/50/85/180mm Carl Zeiss;
  • pellicola kodak Ektachrome 100 iso;
  • Carta per stampa fotografica ILFORD CibachromeA II Deluxe Glossy – CPSA 1 K
  • guida filtri base: Y25 – M10 – C00
  • formato stampe 30,5 x 40,6 cm

Provini:

  • ritratto di Francesca – valori di filtratura per incarnato (privo di dominanti colore):
  • maschere – provini di valorie filtratura e tempi espositivi:

(*) MANUALE ILFORD INFO – CIBACHROME – A II

“F.C.B.: Il futuro d’oggi!”

Natura Viva!

La mia mano sinistra….

di © Ivan Mologni

Si, ho messo in posa la mia mano sinistra con il 60mm Macro Carl Zeiss f/2.8. L

L’illuminazione, alta e laterale, mi soddisfa e penso, in futuro, di fotografare altre parti del mio corpo…..

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una sera, un ritrovo al Fotoclub

Sembra proprio così… ogni volta che ci si ritrova al nostro Circolo emerge sempre qualche idea nuova… c’è sempre qualche Socio che lancia un suo “perché non proviamo a...” o “vediamo cosa succede se...”. In una sera, a caso, fu il nostro presidente, noto frequentatore di stampe-900-le-lastremercatini delle antichità, a portare con sé alcune lastre in vetro risalenti ai primi del ‘900, ovviamente in b/n e di vari formati dal 6×9 al 9×12. Subito la curiosità divampa e la voglia di vedere attraverso gli occhi di quegli antichi fotografi e di ripercorrere i modi con i quali fecero emergere delle immagini giunte fino a noi non si fa attendere. E allora via subito tutti in camera oscura affinché i “contatti” possano riprendere vita; suddivisi rapidamente i compiti, si prepara il rivelatore (Ilford 1+9) il bagno d’arresto (Ilford 1+19) e il fissaggio (Illford 1+9 a 20°). Si sceglie la carta multigrade (Ilford IV) e la filtratura (yellow 62, magenta 12, cyan 00). Via subito con provini e stampe a contatto: esposizione a 45″, rivelatore a 20° per 1′ e 30″, arresto 30″, fissaggio 3″, lavaggio 10″, essicamento 10″ per ritratti e gruppi mentre per i paesaggi si preferisce 15″ di esposizione e il tutto utilizzando carta a superficie lucida e un ingranditore Durst605 color con testa a luce alogena a colore e un temporizzatore Philips. Il risultato, di cui alcuni esempi, non tarda a palesarsi e grande è la sorpresa per tutti e la soddisfazione di aver riportato alla luce immagini di un periodo storico utilizzando un processo chimico tradizionale, come lo fecero i nostri avi, semplicemente attualizzato ai nostri giorni.

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I famosi “provini a contatto” della Magnum

A partire dal 2013 la Magnum sta portando in un tour mondiale la storia e gli scatti dei suoi fotografi attraverso l’esposizione dei provini (contact sheets) del suo storico archivio; un’eccezionale panoramica sul lavoro dei più grandi esponenti dell’arte dello scatto (Seymour, Cartier Bresson, Arnold, Parr, Koudelka, Robert Capa, Elliott Erwitt, Eve Arnold, René Burri, Steve McCurry, Jim Goldberg, Alex Majoli, ecc.) che hanno lavorato su eventi e personaggi che hanno segnato la storia dell’ultimo secolo: Seconda Guerra Mondiale, Primavera di Praga, Conflitto nei Balcani, Guerra in Medio Oriente, Che Guevara, Malcolm X, Margaret Thatcher, M.Luther King, ecc.
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La Magnum Photos, una delle più importanti agenzie fotografiche del mondo, è stata fondata a Londra nel 1947 da Robert Capa, Henri Cartier-Bresson, David Seymour, George Rodger e aveva lo scopo di tutelare i suoi “autori”, che rimanevano i detentori dei diritti sui loro scatti, altrimenti incassati dalle riviste per cui lavoravano.
Tra gli scatti mostrati nei vari provini si può così capire come la scelta della foto “giusta” esalti ancora di più il mito del gesto di questi fotografi-autori con la possibilità di esplorarne il genio, svelarne il trucco, carpirne le logiche perché i provini a contatto mostrano al fotografo la panoramica di un intero reportage, allo stato grezzo ma di immediata lettura, che consente di guardare in modo critico all’esito dell’operazione. La bellezza dell’esposizione risiede nella possibilità di ammirare i momenti precedenti e successivi a quello scelto dal fotografo come “decisivo” e in piccole note alcuni artisti motivano la scelta, permettendo ai visitatori di convenire o meno con loro e magari indicare un altro punto fermo nel tempo.
Essere al cospetto di un contact sheet significa entrare metaforicamente nella mente del suo autore. L’accostamento tra le prove fissate sui fogli fotografici e la scelta definitiva dell’istantanea offre allo spettatore la possibilità di scorgere il processo creativo da cui scaturisce l’opera, con le dinamiche e gli espedienti cui ricorre il singolo autore per ritrarre un’epoca, un soggetto, un contesto e offre anche la possibilità di ben comprendere i passi che hanno portato alla realizzazione di alcune delle più famose icone fotografiche di tutti i tempi: il fotografo scatta più volte, sviluppa il proprio supporto, sceglie un’istantanea fra tante, elabora l’immagine con cui vuole comunicare al mondo e alla fine “crea”, facendo nascere l’immagine che percorrerà il mondo e contribuirà a raccontare la storia.
Alcuni titoli e commenti:
– un riferimento per l’esplorazione del processo creativo.
– provini a contatto, come entrare nella mente dei fotografi.
– è un po’ come vedere il backstage di una celebre pièce teatrale, o gli appunti di un romanzo che si rivelerà cult. Dietro molte fotografie diventate celebri e ‘uniche’ ci sono le loro varianti, scartate dall’autore.
– permettono di guardare il “laboratorio” segreto di tanti grandi fotografi, di essere, a nostra volta, dei voyeur.
– il provino a contatto è la testimonianza di un artigiano che lima e perfeziona il suo manufatto. È lo sketchbook di un artista che si avvicina all’opera conclusiva. È il manoscritto di un poeta impegnato in un corpo a corpo con le parole e i loro suoni. È la prova della grandezza e dell’umanità della fotografia che lavora sull’imperfezione, sull’accettazione del rischio, dello stare in bilico tra la scelta e la casualità che così si apre ai doni inaspettati dell’imprevisto.
– se “lo scatto” è al centro della “mitologia” della fotografia e dei fotografi “autori” (gli scatti di Robert Frank con la Leica per le strade americane o quelli “casuali” di Joel Meyerowitz durante le parate cittadine), la visione dei provini sposta l’attenzione sul momento successivo. Se la fotografia è la scienza del “momento”, qui sembra che il momento cruciale sia quello posticipato, rimandato, atteso.
– sui provini si trova anche la traccia della scelta, il segno della scelta: il margine tracciato in rosso e una “X”, è quella la foto. Il gesto fotografico è descritto dunque in tre momenti: gli scatti, l’esame e la scelta, e tutti e tre sono egualmente decisivi. Ma la visibilità della foto, la sua “emersione” – dopo la sua scelta, nell’ultima fase – è l’impulso più misterioso e inquietante. E forse è il vero gesto artistico: quando il fotografo diventa spettatore di stesso e si lascia “toccare” dalla foto.
provini-cartier Un esempio: la Parigi del 1950 è lo sfondo di una celebre fotografia. L’Europa sta cercando faticosamente di uscire dalle miserie della seconda guerra mondiale, scoprendo nuove libertà, e la rivista Life commissiona un servizio fotografico proprio su questo tema. Robert Doisneau è incaricato di percorrere le vie di una città che sta scoprendo il primo benessere, ed ecco il risultato è ottenuto. E’ facile riconoscere in mezzo a questi provini l’immagine destinata a diventare immortale.

Cartier-Bresson, nel 1939, tagliava i suoi negativi e conservava del suo lavoro solo immagini singole e sequenze valutate buone perché sosteneva che una mostra fotografica è come un invito a cena ed è quindi buona norma non mostrare ai commensali i tegami e ancora meno il bidone della spazzatura. A distanza di tempo si capisce che serve anche guardare nella pattumiera, se c’è ancora, come del resto sanno fare i bravi detective per scoprire cose interessanti.
La magia di queste piccole anteprime, ottenute da stampa analogica è unica e ineguagliabile.
Un mito, quello di Cartier – Bresson, che sembrerebbe superato con l’avvento delle nuove tecnologie; il provino a contatto è stato sostituito da software in cui le immagini non lasciano tracce fisiche, ma mai nessuna tecnologia potrà però sostituire l’ebbrezza nella scelta dell’istante in cui “occhio, mente e cuore entrano in allineamento”.
Nei tempi del digitale, mettere al centro di una mostra i provini è un omaggio alla tecnica analogica, non certo come pura operazione nostalgica, ma per far pensare alla modalità complessa e rigorosa che sta dietro le foto ‘riuscite’ e che presuppone un occhio educato non solo al momento dello scatto ma anche nella fase delicata della scelta della foto ‘giusta’ tra molte altre.

Camera oscura: l’importanza del “provino a contatto”

I provini a contatto sono il risultato di una stampa di pellicola di negativi nelle loro dimensioni originali; ciò si ottiene in camera oscura mettendo direttamente “a contatto” i negativi stessi con la carta sensibile e poi esponendo il “sandwich” ad una sorgente di luce come, ad esempio, quella di un ingranditore per un tempo determinato. Si possono utilizzare all’uopo diversi metodi empirici ma la cosa più importante è che sia assicurato il massimo contatto tra i negativi (il lato emulsionato, quello opaco) e il lato emulsionato della carta. Per fare questo basterebbe una lastra di vetro da mettere sopra i negativi (magari posti in fogli porta-negativi trasparenti) per tenerli in posizione, ma il ricorso a uno stampatore a contatto della Paterson assicura maggior velocità e precisione della manovra. Dopo aver ben sviluppato un negativo, lo si suddivide in spezzoni tali che la lunghezza non superi la larghezza di un foglio 24x30cm (p.es. un 36 pose 135 verrà tagliato in 7 strisce da 6 fotogrammi)e sarà così possibile stampare “a contatto” un intero rullino su un normale foglio di carta da stampa.
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Ovviamente l’ingranditore dovrà essere posizionato per coprire l’intera area di stampa e il fuoco fatto con un qualsiasi negativo su di essa; particolare attenzione dovrà essere posta per la giusta esposizione: naturalmente la stampa delle parti esterne dei fotogrammi dovrà risultare completamente nera, ma per avere dei buoni risultati, soprattutto in funzione della carta utilizzata, bisognerà all’inizio effettuare alcune prove a diverse esposizioni, magari utilizzando ritagli più piccoli dei fogli di carta.
La stampa del provino, sviluppo e fissaggio, avviene esattamente come per la stampa di una singola fotografia.
I provini così ottenuti permettono di avere un colpo d’occhio immediato sui fotogrammi scattati, di avere una serie di informazioni utili per la scelta della stampa finale (dettagli nelle ombre e nelle luci, il contrasto del negativo, controllare il fuoco con un lentino, studiare tagli d’inquadratura, ecc.). Inoltre su di essi si possono segnare dei commenti, barrando quei fotogrammi da non stampare o evidenziando i migliori e financo porre dei lunghi appunti sul retro.
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Ma poi i provini così ottenuti, come le foto più belle, passeranno alla storia poiché anche essi significativi; insieme agli spezzoni di negativo riposti negli appositi fogli di porta-negativi, saranno facilmente archiviabili e altrettanto facilmente potranno essere, in futuro, rintracciati, rivisti, consultati e fatti vedere!

“Estrarre una buona fotografia da un foglio di provini è come scendere in cantina e prendere una buona bottiglia da condividere”
(Henri Cartier-Bresson)

Camera oscura: brevi considerazioni sulla stampa

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Nella pratica fotografica, la prima fase creativa riguarda la preparazione e lo scatto vero e proprio. E’ la fase che più attrae, coinvolge, appassiona fino a spingere a levatacce o a scatti senza sosta o a trascinarsi pesanti borse zeppe di macchine e accessori.
A questa segue poi la seconda fase creativa della fotografia, in camera oscura, quando, una volta impressionato e sviluppato correttamente il negativo, si passa alla stampa, che è quella spesso capace di trasformare una semplice fotografia in un’immagine speciale.
Stampare non è difficile, ma occorre un minimo impegno e un po’ di pratica.
Una volta scelta l’immagine da utilizzare (parleremo più avanti diffusamente dei “provini”), bisogna deciderne il taglio e, soprattutto, capire bene come stampare l’immagine finale, tenendo conto dell’attrezzatura disponibile.
Bisogna sapere che gli errori commessi durante l’esposizione non possono essere più corretti. Solo l’esperienza consente di valutare “a occhio” la durata dell’esposizione che una negativa richiede per effettuare la stampa. Molti sono diventati bravi stampatori “a occhio”… commettendo tanti errori e sprecando molta carta sensibile; è un metodo che riesce spontaneo a tutti, ma dà i suoi frutti soltanto dopo molto tempo.
Per procedere correttamente è invece opportuno riuscire fin dall’inizio a stabilire la corretta esposizione della carta tenendo ben presente i seguenti fattori:
1) iI rapporto d’ingrandimento
2) la gamma di contrasto della negativa
3) la sensibilità della carta
4) la potenza di luce dell’ingranditore
5) iI diaframma dell’obiettivo
Per quanto riguarda il rapporto d’ingrandimento, bisogna soprattutto tener conto che il tempo di posa aumenta proporzionalmente con esso, ossia se per un ingrandimento 13×18 è richiesta una posa di 4 sec., per il formato 18×24 l’esposizione dovrà essere circa il doppio.
Tutti gli elementi che regolano la riuscita di una buona fotografia non si imparano di colpo, ma vengono dettati gradualmente dall’esperienza.
E’ anche opportuno ricordare che le migliori fotografie sono solitamente quelle che si stampano dopo un certo periodo di permanenza al buio, perché quando si è entrati da poco in camera oscura potrebbero influire sul risultato alcuni errori di apprezzamento dovuti al fatto che l’occhio non si è ancora abituato alla luce di sicurezza e, quindi, non è in grado di giudicare bene il contrasto di una stampa.