Una piacevole scoperta….

Vi riporto un eccezionale ritrovamento in un mercatino di antiquariato specializzato in “Camera Antiquaris”. Si tratta in particolare di una  “Fotocamera da viaggio a soffietto”, visibile nella foto sotto. Queste macchine erano pieghevoli, costruite  in legno con   cerniere,  risolvevano il problema dell’ingombro ma non quello altrettanto importante del peso.

20200207124554783_0001

 

Trattasi di un prodotto artigianale, di fine ‘800 ed è difficile risalire al costruttore e alla data di fabbricazione. Il  dorso ospitava lastre al collodio umido. Il soffietto è  costruito in pelle o in  tela gommata. La piastra frontale  porta-obiettivo ne consentiva di solito il decentramento verso l’alto per eliminare le deformazioni prospettiche.

I dati che posso fornire, che ho ritrovato sull’apparecchio:
– una stella a 5 punte con  lettere “PVB”.
– L’obiettivo in ottone è un W Pajioin Iena 3075 DOUBLE ANASTIGMAT ECLAIR F.6.8 – 180 mm,
– Formato 13×18

 

 

Ma le piacevoli sorprese non sono finite! Ho ritrovato anche stampe su:

1. Venezia (4) ottenute per contatto. Si evince in tutte tempo lungo di esposizione. L’acqua sembra uno specchio, segno evidente di una forte diaframmatura. Tutte le foto sono state virate  in seppia

2. Vari ritratti di famiglia eseguiti dal fotografo  Andrea Taramelli di Bergamo (1836-1887). Il figlio Edoardo   Taramelli (1863-1937), ha proseguito l’attività dello storico stabilimento fotografico utilizzando il nome del padre

7

3. Infine ho ritrovato una Polaroid mod.P del 1999. La macchina è metallizzata ed utilizza pellicole serie 600 sia b/n che colore.
Per l’occasione, ho usato una pellicola b/n della serie,  per  fotografare   l’apparecchio in legno
di fine ottocento sopra descritto: la “nipotina” (in verità già adulta…) Polaroid che rende omaggio alla sua antenata del 1800!

1Cordiali saluti
Il Presidente
Arch. Ivan Mologni

Ottobre 2019, “new entry”…

Inarrestabile crescita del numero di macchine fotografiche da collezione presente nella sede del Fotoclub Bergamo. Come sempre tutte perfettamente funzionanti come appena uscite dalla fabbrica, ecco le nuove entrate di quella bella famiglia:

una Lumiere del 1940 e una Rectaflex 135 del 1947

una Agfa Silette 135 del 1960 e due Leicaflex (R4 e R6) del 1980

un esposimetro Vivitar del 1960 e una Polaroid EE66 del 1966 che entra a far parte della collezione privata di Ivan Mologni costituita ora di ben 12 tipi diversi di Polaroid, tutte restaurate e funzionanti.

Sul ring del Fotoclub: Polaroid vs Fuji

Le prime fotografie erano considerate una magia. Regalarsi nell’era del digitale quella magia è un piacere che ogni appassionato di fotografia dovrebbe concedersi almeno una volta nella vita. Il fenomeno della fotografia istantanea sta prendendo di nuovo piede, dopo molti anni in cui è stato quasi totalmente eclissato e perciò anche il nostro Fotoclub, cui certo non manca una vetrina ad hoc, ha voluto dedicare ad essa alcuni incontri di approfondimento. Scelte per questo caso una POLAROID 636 TALKING CAMERA (prodotta nel 1995) e una FUJIFILM INSTAX WIDE 300 che, tra le “moderne” (anno produzione 2015) sembra essere quella che abbia adottato la stessa “filosofia”.
Le prime Polaroid, in commercio fin dal secondo dopoguerra, hanno fatto scuola, indicando una nuova strada per la fotografia.
La POLAROID 636 TALKING CAMERA è l’unica ad avere una simpatica caratteristica: registra fino a tre messaggi che possono essere ascoltati durante lo scatto, messaggi tipo “cheese. …sorridi…” o altro, una simpatica sorpresa per la persona che si desidera fotografare. Ad altoparlante spento, questa fotocamera funziona come un OneStep 600 standard, con messa a fuoco fissa e flash automatico. È incluso un obiettivo close-up scorrevole che tende a rendere le immagini ancora più morbide del solito. Benché commercializzata come una divertente fotocamera per scattare istantanee ravvicinate a feste e riunioni di famiglia, la qualità delle immagini è migliore quando ci si concentra su distanze più lunghe all’esterno in condizioni luminose. Ma proprio le caratteristiche dominanti di colore e la vignettatura causata dalla scarsa qualità delle lenti in plastica fecero delle macchine Polaroid uno strumento di espressione artistica: usata da Andy Warhol, amata da Helmut Newton, Nobuyoshi Araki ecc. divenne il simbolo di un’epoca.
Tecnicamente, come modello di fascia alta nella gamma Polaroid, è dotata di: – esposimetro di tipo cds con gestione automatica dei tempi di posa. – Obiettivo con lente in plastica ad elemento singolo e focale di 116mm dotato di aggiuntivo ottico incorporato close-up per le foto da distanza ravvicinata. – Messa a fuoco fissa. – Otturatore a controllo elettronico, con tempi di scatto da 1/4sec. a 1/200sec. – Cursore di compensazione manuale dell’esposizione (Darken/lighten) che consente la regolazione manuale della luminosità. – Flash automatico, comandato dalla fotocamera quando le condizioni di luce lo richiedono. – Tracolla in nylon. – Impiega pellicole formato 600 che si trovano facilmente in commercio. Dimensione pellicola 108x89mm. – Formato immagine 79x79mm..

Nell’era digitale la condivisione delle foto avviene oramai quasi esclusivamente su web ma a far tornare la voglia di foto stampate fu la Fujifilm, che aveva colmato il vuoto lasciato dalla chiusura di Polaroid nel 2007; oggi vanta un vasto assortimento di fotocamere a emulsione istantanea, le Instax, progettate per essere alla portata di tutti sia nell’utilizzo, semplice e intuitivo, che nel prezzo.
Nella FUJIFILM INSTAX WIDE 300 il peso è contenuto grazie all’abbondante uso di plastiche, che comunque risultano ben solide anche nell’uso spensierato e le misure (167.8 x 94.7 x120.9 mm.) sono dovute alle grandi dimensioni delle stampe. L’aspetto della Fujifilm Instax Wide 300 è molto “pro” e rievoca il design anni Settanta. I comandi sono pochi, intuitivi, facili da raggiungere e lasciano poco spazio alla creatività: si può solo decidere se sottoesporre oppure sovraesporre, oltre a poter attivare il flash di riempimento anche in condizioni di forte illuminazione; il flash non si può disattivare. La ragione è evidente: con un diaframma fisso a f/14 e con il tempo più lento di 1/64s, il flash è obbligatorio. Il diaframma così chiuso è utile per garantire la nitidezza anche con le solo due distanze di messa a fuoco disponibili: da 0.9 a 3mt e oltre 3mt. Un aggiuntivo serve per riprese ravvicinate fino a 40cm. e aiuta anche a controllare l’errore di parallasse dovuto al mirino fortemente decentrato rispetto all’ottica. Ma anche con soggetti molto lontani il mirino è decisamente approssimativo: ai bordi del fotogramma succede spesso di trovare qualcosa in più o in meno di quanto si vorrebbe.
La Fujifilm ha sempre prodotto ottime pellicole e le sue pellicole istantanee non fanno eccezione. Le Fujifilm Instax Wide sono nitide, contrastate e anche resistenti. Basta un panno morbido e, se pur strapazzate, le foto sono belle come appena scattate. Con i suoi ISO 800 la Instax garantisce immagini limpide, molto definite, colori vivaci e incarnato dei soggetti molto naturale. La nuova emulsione, inoltre, permette scatti a temperature tra i 5°C e i 40°C. e il processo di sviluppo e stampa impiega circa 4 minuti. Le Instax Wide colpiscono per le dimensioni dell’immagine 99x62mm (una moderna Polaroid Snap Touch stampa su 75x50mm, quindi circa il 30% più piccola). Come le classiche Polaroid, le foto hanno una cornice bianca ma anche per la Instax Wide la nota dolente è il prezzo, sempre piuttosto elevato.
Riassumendo le caratteristiche tecniche della fotocamera: – Due modalità di messa a fuoco: “normale” 0,9-3m, e “landscape” per foto paesaggistiche (>3m). – Lente Close-up per p.p. fino a 40 cm. – Velocità otturatore: 1/64 – 1/200sec. – Funzione controllo chiaro-scuro e retroilluminazione. – Flash automatico, si autoregola in base alla distanza e interviene non appena la luce diminuisce leggermente, visto il diaframma fisso a f/14 e un tempo più lento pari a 1/64s. – Dimensione pellicola 108x86mm. – Formato immagine 62x99mm.
E qui sono riportate alcune delle foto scattate con Laura, gentile modella, nei tre set predisposti per la seduta di sperimentazione.
E quindi, lunga vita alla fotografia istantanea! Una fotografia che non rischia di rimanere dimenticata nei meandri digitali di un hard disk. Una fotografia che magari possiamo personalizzare con una dedica sulla cornice bianca. Una fotografia che possiamo anche regalare, accendendo un sorriso che un selfie condiviso sui social non riuscirà mai a strappare.

Le interviste del Fotoclub Bergamo – I nostri soci

Il tuo nome
Riccardo Scuderi
Quando ti è iniziata la passione per la fotografia?
La passione per la fotografia cosiddetta “seria” in generale è nata circa 13 anni fa, quella per la fotografia analogica solo 3 anni fa. È stata una scoperta casuale oppure, come mi piace pensare, un segno del destino: era l’estate 2015 e il mio corredo digitale dell’epoca era in riparazione. Mi ritrovai tra le mani una Minolta Himatic 7s che mio padre aveva comprato in occasione della mia nascita: caricai un rullino in bianco e nero (ricordo un Across 100 asa) ed iniziai a scattare in Piazza Vecchia. Da allora non ho più smesso!
Quando fotografi, prediligi temi, ambienti particolari?
Amo fotografare le persone, soprattutto in un contesto urbano. Non faccio riferimento al ritratto “posato”, quanto al valorizzare un monumento, una piazza, un paesaggio in generale inserendo la presenza umana nella foto: penso attribuisca maggiore profondità allo scatto.
In due battute, perché “analogico” oggi:
Analogico oggi, per me, significa tutto il contrario che il mondo virtuale (fotografico e non) propone: la passione, la convivialità, il confronto diretto e genuino, la crescita tecnica e umana proposta dalla fotografia “argentica”, contrapposta al distacco, all’autoreferenza ed al confronto tecnologico (e non tecnico) della fotografia digitale. Con questo non voglio dire che i fotografi digitali non siano appassionati e competenti (per fortuna ne conosco diversi) ma, purtroppo, quando i commenti e/o le critiche di uno scatto vengono riversati esclusivamente su un social network, quasi sempre perdono di valenza e finalità costruttiva e, spesso, sono il pretesto per veicolare insulti gratuiti….
“Frequenti” la camera oscura?
Purtroppo (ancora) no, ma ne approfitto per rivolgere un accorato appello in tal senso al Presidente o a qualche socio che abbia dimestichezza con lo sviluppo e la stampa…
Le tue pellicole preferite?
Ho iniziato con il bianco e nero (soprattutto Kodak) ma ultimamente mi sto cimentando anche con le diapositive (Velvia e Provia).
Stima quanti fotogrammi hai archiviato negli anni
Non riesco a dare un numero esatto, direi circa 500/600 fotogrammi. Ma siamo ancora all’inizio…
Esegui anche la scansione digitale dei tuoi negativi?
Si, ma solo per crearmi un archivio “di sicurezza”.
L’obiettivo che preferisci o che usi di più:
Sicuramente il Summicron-R 50mm/F2 montato sulla Leicaflex SL2: il classico obiettivo “normale” di eccellente qualità e buona portabilità.
La macchina che ami in particolare e perché:
Come appena accennato, la Leicaflex SL2, per la qualità costruttiva, perché è totalmente meccanica, per il mirino luminoso e perché…. è una Leica! Sto anche riscoprendo la passione per la fotografia istantanea grazie a una macchinetta che per me ha un valore affettivo notevole, essendo stato il regalo per la mia prima comunione: la Polaroid Quick 610, praticamente come nuova!
I tuoi autori preferiti e perché:
Mi ha letteralmente affascinato sia il documentario che il libro dedicato a Vivian Maier: un occhio fotografico senza uguali dove ogni foto non è mai banale ed è sempre capace di raccontare una storia. Un manuale di fotografia analogica “da strada” che ho trovato particolarmente interessante è stato quello di Willy Ronis intitolato “Le regole del caso”, in cui l’autore spiega come e perché è arrivato a scattare una determinata foto (ambientata soprattutto negli anni ’50 e seguenti), allegando (in piccolo) diversi altri scatti “errati” appena precedenti o successivi a quello considerato corretto.
…. E invece qualcuno o qualcosa che non ami?
Senza fare nomi, mi ha recentemente deluso un fotografo americano, i cui scatti esposti in una mostra internazionale sono stati “smascherati” in quanto alterati da una post produzione (digitale) a dir poco grossolana…. Peccato, anche i famosi cadono nel tranello dello “scatto perfetto” che non esiste….
Fai anche foto digitali o consulti sulla rete siti dedicati alla fotografia?
Da ormai circa 3 anni scatto unicamente in analogico, lo trovo più gratificante e, soprattutto, ogni volta non vedo l’ora di sottoporre le mie foto sviluppate al giudizio del “Direttorio” del Foto Club Bergamo…
Si, consulto siti fotografici su internet, ma unicamente quelli indirizzati alla fotografia analogica o alla compravendita di materiale analogico.
In due parole, perché sì o perché no
Semplicemente non sento più la necessità di scattare in digitale, avendo ormai da tempo perso la voglia di condivisione istantanea indotta dal digitale. Più lo scatto è meditato e ponderato, più mi gratifica, al di là del risultato finale.
Da quanto tempo fai parte del nostro sodalizio?
Da troppo poco tempo…
Cosa ti spinge a frequentare oggi un circolo fotografico nell’epoca di internet?
Ripropongo quello che ho già scritto nelle risposte precedenti: la passione, il confronto genuino che permette una vera crescita fotografica e, soprattutto, tanta bella gente da conoscere!

Avvistamenti “analogici”

Un “avvistamento analogico molto particolare
Franco Mammana non ha bisogno di presentazioni. Un artista conosciuto e amato non solo nella nostra città, grazie alle sue opere che partecipano brillantemente a tante esposizioni e concorsi
nazionali e internazionali, con tantissime attestazioni.
Chi non conosce i suoi spettacolari aquiloni o i suoi bellissimi reportage? Franco è un amante della fotografia a pellicola e qui lo abbiamo beccato, pronto allo scatto, con una fascinosa Polaroid 250 perché, ovviamente, è anche un vero “polaroider”!
A Franco, un caloroso “Buona luce!!” dal Fotoclub Bergamo.

nella nostra biblioteca, un giro tra i “preferiti”…

Bellissimo come tutti quelli che contengono immagini che “parlano” della nostra stupenda città e della sua Storia.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il libro della Polaroid che contiene la più grande collezione di fotografie della Polaroid Corporation e comprende scatti di centinaia di fotografi di tutto il mondo, compreso il mitico Helmut Newton

Pepi Merisio, l’autore in assoluto “preferito”, le cui opere hanno fatto la Storia della fotografia nel nostro paese. Tutti i libri delle sue fotografie sono delle pietre miliari e contengono l”‘anima” di tutti i vari soggetti che sono stati immortalati da questo grande maestro.


E’ in libreria il manuale Polaroid

In quest’epoca digitale sentiamo il bisogno di un po’ di realtà, qualcosa che ci ricolleghi a uno spazio tridimensionale. E questo è ciò che fa una Polaroid. La chimica contenuta nella pellicola dà a ogni istantanea un aspetto unico, un insito senso d’intimità e autenticità.
“Leggere” una Polaroid è come intraprendere uno scavo archeologico: crepe sulla superficie, tonalità, texture e imperfezioni rivelano molto più di quanto è rappresentato nell’immagine. Possiamo guardare attraverso la foto come fosse il buco di una serratura sul passato. Questo manuale offre un’introduzione completa alla fotografia istantanea:
Guida alle fotocamere e ai formati delle pellicole. Tratta la tecnologia e la storia della fotografia istantanea, raccontata attraverso capitoli dedicati a specifiche fotocamere e pellicole
Tecniche creative. Illustra un’incredibile gamma di effetti realizzabili con le pellicole istantanee avvalendosi di immagini di supporto scattate dai più innovativi fotografi che utilizzano questo media ai giorni nostri.
Alla fine del libro un’estesa sezione è dedicata alle risorse, compresi un’utile tabella della compatibilità delle pellicole, una lista di rivenditori e consigli per la sicurezza.

Stampa immediata… Polaroid, che passione!


Il 28 Ottobre u.s, si è tenuto presso il nostro Circolo il “Polainstantday“, un seminario dedicato all’approfondimento delle possibilità artistiche legate alle riprese di fotografia istantanea. L’incontro ha visto partecipare, come docenti, due responsabili della Fiaf (Cristian Gelpi e Silvano Peroni) anch’essi appassionati di questo tipo di riprese mentre nell’aria aleggiava lo spirito del mitico Andy Warhol. Per i Soci presenti, oltre alla teoria, numerose e interessanti sperimentazioni con macchine Fuji e Polaroid sia a colori che in bianco e nero nei set approntati in due location indipendenti.

L’analogico come la Fenice… Bentornata Polaroid!

Si festeggia quest’anno l’ottantesimo anniversario della nascita di Polaroid, fondata da Edwin Land nel 1937, e, dopo i numerosi travagli e sperimentazioni che erano apparse a molti come il canto del cigno e dieci anni dopo lo stop alla produzione delle macchine fotografiche istantanee, Polaroid torna prepotentemente nel mercato. E lo fa attraverso “The Impossible Project” che, dopo l’acquisto del marchio da parte del suo maggiore azionista, cambia nome, si trasforma in “Polaroid Originals” e lancia la OneStep 2, la nuova versione della macchina fotografica che ha reso celebre Polaroid nel mondo.
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un forte ritorno della fotografia analogica istantanea – spiega il 28enne Oskar Smolokowski, capo di Polaroid Originals e figlio di quel facoltoso Wiaczeslaw che nel 2012  investì nel progetto – questa crescente richiesta va ben oltre l’effetto nostalgia. Nel mondo di oggi, frenetico e digitale, un oggetto tangibile al di fuori dello schermo dello smartphone diventa un oggetto prezioso. Unico e impossibile da riprodurre”.

Polaroid Originals ripropone una macchina con gli stessi principi della Polaroid analogica del 1977 ma integrata da tecnologie attuali, con lo stesso semplice sistema “punta-e-scatta”, con una lente da 106mm dell’obiettivo fisso in policarbonato e acrilico con un range da 60cm a infinito, con un potente flash integrato, completo di un tasto per aumentare o diminuire l’esposizione, un comodo carica batterie via cavo USB, una batteria a lunga durata interna da 1.100 mAh (assente sul modello originale) e un timer per autoscatto. Come il predecessore, ha il grande pulsante rosso per lo scatto posizionato nella parte frontale e il logo dai colori arcobaleno che ha accompagnato la storia di Polaroid; ha una struttura sagomata ed ergonomica, cosa che fa venir voglia di fotografare qualsiasi cosa. Il dispositivo propone però un approccio alla fotografia che non ha nulla a che vedere con quello delle alternative digitali moderne. La fotocamera è pensata per essere contemporanea più che mai per la gente che ama ancora aspettare e scoprire la foto che si sviluppa pian piano e la sensazione vintage del controllo manuale e della pellicola si rivolge in modo specifico a chi preferisce il contatto con la stampa fisica alle immagini destinate a vivere su un display.
Inoltre ogni pacchetto base di pellicole è sufficiente per soli otto scatti, e ciò spinge a prestare particolare attenzione prima di premere l’otturatore; ogni volta che si preme il pulsante dell’otturatore, si innescano migliaia di reazioni chimiche per creare un’immagine reale e unica. Ogni scatto sarà stampato. È la bellezza delle Polaroid.
Il pacchetto di pellicole può essere ricaricato attraverso uno sportellino nella parte anteriore della fotocamera e possono essere caricate anche pellicole per le vecchie Polaroid.
E proprio con l’obiettivo di mantenere viva l’eredità, con un’iniziativa non priva di un suo tocco di poesia, Polaroid Originals commercializza anche le macchine d’epoca completamente ricondizionate,.
Con le OneStep 2, disponibili in varie versioni, è stata studiata anche una nuova generazione di pellicole, che “regalano la distintiva, sognante bellezza delle fotografie analogiche istantanee“, a colori, in bianco e nero e in una nuova gamma di edizioni speciali. L’azienda ha assicurato che gli scatti saranno sviluppati più rapidamente delle vecchie versioni e non servirà scuoterle perché si svilupperanno nascoste e protette dalla luce diretta.
Prezzi di macchine e pellicole si trovano sulle pagine del sito ufficiale.

La Polaroid è tornata!

A dire il vero, la Polaroid non era mai scomparsa ma ora è tornata la produzione con nuovi modelli ed è ripreso alla grande l’interesse per questo tipo di immagini che, è bene ricordare sono uniche e non replicabili. Non poteva mancare sull’argomento un’iniziativa del nostro Club che propone ai propri Soci uno speciale incontro in Sede per il prossimo 28 Ottobre, sabato, alle ore 15.00.

Andy Wharol a Bergamo!

Andy Warhol, di cui alcune opere e oggetti personali sono in mostra alla Gamec dal 6 maggio al 30 luglio, è oggi ritenuto da molti l’artista postmoderno più importante del mondo; noi ricordiamo però che le sue opere fondamentali sono state rese possibili dalla fotografia e che gli deve essere riconosciuto il merito come grande sperimentatore di aver ottenuto grandi risultati artistici partendo da estremamente semplici immagini fotografiche.
Andy ha affrontato diverse forme espressive: dalla serigrafia al cinema, dalla pittura alla scultura ma quasi sempre ha usato la fotografia come un punto di partenza. La fotografia di Andy Warhol non sempre è stata apprezzata come forma d’arte in sé; certo, spesso ha usato una fotografia per poi finire con un’altra opera d’arte (una serigrafia, per esempio), ma ci sono parecchie sue fotografie che invitano ad un esame più attento.
L’interesse di Andy Warhol per la fotografia è scattato molto presto quando ha ricevuto in dono la sua prima macchina fotografica all’età di nove anni. Nel 1960, mentre lavorava come grafico a New York, Warhol ha assistito, in prima persona, alla crescente popolarità della fotografia tanto che nel suo diario scrisse: “Io non credo nell’arte, credo nella fotografia”. La fotografia fu quindi sempre una parte fondamentale della sua vita, benché nei suoi primi tempi di lavoro come illustratore la vedesse come un mezzo e non un fine.
Nel 1962, Andy Warhol acquistò la sua prima macchina fotografica Polaroid che utilizzò, in un primo momento, per molti studi anatomici, poi rapidamente abbandonati. Nel 1970 comprò una Polaroid Big Shot: lo strumento ideale per Andy: fotocamera a fuoco fisso, con flash, progettato per riprese ravvicinate. L’attenzione doveva essere tutta solo per il soggetto.
C’è un interessante paradosso legato alle polaroid di Warhol: le sue serigrafie potrebbero essere riprodotte, potenzialmente, a volontà, sfidando il concetto di unicità del pezzo artistico, ma, ironia della sorte, le polaroid sono diventate preziose proprio perché, mancando di negativo, sono “uniche”. Sono immagini indipendenti le cui caratteristiche (dimensioni, struttura, luminosità, colore) sono un distintivo come quelle di un quadro: una serie di polaroid di Warhol sono un tesoro unico come un Van Gogh!
Il lavoro di Warhol ci presenta un altro paradosso: l’artista diventa il “sacralizzatore” del banale come le scatole di detersivo o di zuppa e poi mette invece a disposizione del pubblico delle immagini di semidei trasportandoli dallo schermo d’argento in piccole immagini polaroid.
Nel 1976 Andy acquistò poi una 35mm, la Minox 35LE. Era una svolta importante: la fotografia cessava per lui di essere solo un accessorio e diventava un sistema di espressione autonoma e indispensabile. Poi Warhol utilizzò anche una fotocamera Chinon 35F-MA (con flash incorporato) e anche una Konica C35EF.
E’ stato detto che le fotografie di Andy Warhol vagano tra l’album di famiglia e le foto dei paparazzi, ma sono vere icone della condizione umana. E’ importante notare la scelta di Warhol, oltre che del 35mm, del bianco e nero per l’interpretazione estetica; questo è molto interessante, perché ciò avveniva in un momento in cui il colore dilagava prepotentemente.
Warhol era un fotografo ossessivo. Si stima che l’artista abbia fatto più di 100.000 fotografie tra il 1977 e il 1987 (di cui molte con la sua Polaroid SX70 tenuta da Polaroid in produzione proprio per Warhol) e molte di queste restano ancora da classificare. Tuttavia, uno dei più importanti lasciti di Warhol è di aver contribuito ad aprire un percorso, insieme a grandi come William Eggleston, Nan Goldin o di Stephen Shore, destinato a portare la fotografia a essere considerata una forma d’arte degna di apparire nelle gallerie, nelle case d’asta e nel grande mondo dell’Arte.

Puoi leggere di più nell’articolo allegato.