Gli insegnamenti dei Grandi Fotografi

di Ivan Mologni

Spulciando tra le numerose pubblicazioni in mio possesso, mi sono imbattuto in un articolo su Cornell Capa (10 apr 1918 – 23 maggio 2008), appartenente ai fotografi del gruppo Magnum Photos e fratello del leggendario reporter di guerra Robert Capa, in onore del quale ha fondato a New York nel 1974 l’International Center of Photography. Sulla scia del fratello, Cornell ha avuto per trent’anni una carriera come fotogiornalista, prima nello staff di Life poi come membro di Magnum Photos.

Cornell Capa, autore impegnato, sensibile e attento alla realtà,  sulla fotografia ha detto una frase che risulta particolarmente attuale in questo periodo di apprensione legato alla pandemia causata dal coronavirus e, al tempo stesso, molto stimolante per noi fotografi analogici:

” Il nostro mondo è un continuo intrecciarsi di commedia e tragedia umana. Catturare la vita e tradurla in immagini fotografiche è una grande sfida”

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Cornell Capa ©

A nome dei soci del Fotoclub Bergamo, colgo l’occasione per esprimere le più sincere condoglianze a tutti coloro che, a causa di questo nemico invisibile, hanno perso i propri cari.

Fotoclub Bèrghem

Mòla mai, tègn dür

 

 

 

 

I grandi maestri della Fotografia: Laslo Moholy-Nagy

Nasce a Bàcsborsód, in Ungheria, e studia legge all’università delle scienze di Budapest; nel 1917, mentre è convalescente per una ferita riportata in guerra, fonda il gruppo artistico MA, assieme a Lajos Kassàk, e la rivista letteraria “Jelenkor”. Nel 1919, laureatosi in legge, parte per Vienna, dove collabora con il periodico di MA Horizont. Si trasferisce a Berlino, dove inizia a creare fotogrammi e collage Dada, collabora con importanti riviste d’arte e cura, con Kassàk, il “Das Buch neuer Kùnstler”, scrive un volume di poesia e saggi sull’arte. Nel 1921 incontra, in Germania, El Lissitzky e con lui si reca per la prima volta a Parigi. La sua prima mostra personale viene organizzata da Herwarth Walden nella Calerle Der Sturm di Berlino. Durante una personale dei suoi dipinti alla galleria, l’architetto Walter Gropius rimane tanto impressionato dalle sue opere esposte che lo invita a collaborare al Bauhaus di Weimar.
Comincia il periodo più significativo della sua attività, che lascerà una traccia soprattutto nella storia della grafica. È in questo periodo che inizia a interessarsi di design editoriale e teatrale, curando e progettando con Walter Gropius la serie di “Bauhausbùcher”, diventando il rappresentante per eccellenza della fotografia del Bauhaus. Deve questa fama alla sua pubblicazione “Pittura Fotografia Film”, ottavo volume dei “Libri del Bauhaus”, che esce nel 1925 e diventa il primo testo fondamentale della fotografia. Nel 1935 si trasferisce a Londra, dove lavora come designer per varie aziende, collabora a vari film e frequenta nomi noti del settore come: Naum Gabo, Barbara Hepworth e Henry Moore. Viene nominato direttore del New Bauhaus a Chicago e lì fonda la propria School of Design organizzando i primi corsi. Nel 1941 entra a far parte del gruppo degli American Abstract Artists.
Muore a Chicago il 24 novembre 1946 per una leucemia fulminante.

i Grandi della fotografia: Man Ray

“Quel che conta è l’idea non la macchina fotografica”(Man Ray) Man Ray (Emmanuel Rudzitsky) definito pittore, fabbricante di oggetti, autore di film d’avanguardia, precursore del cinema surrealista, è conosciuto soprattutto come primo fotografo surrealista avendo realizzato le sue prime fotografie importanti nel 1918.
Nato a Filadelfia il 27/08/1890 da una famiglia di immigrati russi di origine ebraica, cresce a New York dove studia alla scuola superiore in architettura e poi lavora dal 1908 come disegnatore e grafico. Nel 1912 inizia a firmare le sue opere con lo pseudonimo “Man Ray” e nel 1914 acquista la sua prima macchina fotografica per fotografare le sue opere d’arte.
Nel 1915 il collezionista Walter Conrad Arensberg lo presenta a Marcel Duchamp e assieme fondano la Society of Independent Artists che, nel 1919 forma il ramo americano del movimento Dada, che era iniziato in Europa come un rifiuto radicale dell’arte tradizionale.
Nel 1921 segue Duchamp a Parigi e conosce gli artisti più influenti di Francia. Il successo parigino di Man Ray è dovuto alla sua abilità come fotografo, soprattutto di ritrattista. Celebri artisti dell’epoca, come James Joyce, Gertrude Stein, Jean Cocteau e molti altri, posarono di fronte alla sua macchina fotografica.
Del 1921, Cadeau. Nel 1922 Man Ray produce i primi fotogrammi, che chiama ‘rayographs’ che sono immagini fotografiche ottenute poggiando oggetti direttamente sulla carta sensibile da lui scoperte per puro caso. Mentre sviluppava in camera oscura, un foglio di carta vergine, accidentalmente, finì in mezzo agli altri e, dato che continuava a non comparirvi nulla, poggiò, piuttosto irritato, una serie di oggetti di vetro sul foglio ancora a mollo e accese la luce. L’artista ottenne così delle immagini deformate, quasi in rilievo sul fondo nero, che evoca il disegno luminoso.
Nel 1924 nasce ufficialmente il surrealismo, Man Ray è il primo fotografo surrealista. La produzione dei suoi lavori di ricerca va di pari passo con la pubblicazione delle sue fotografie di moda su Vogue.
Si innamora della famosa cantante francese Alice Prin (Kiki de Montparnasse), sua modella fotografica preferita.
Le Violon d’Ingres del 1924 (la sua amante e musa Kiki, dalle forme tonde, morbide e desiderose, si trasforma in un violoncello).
Nel 1925 partecipa alla prima esposizione surrealista presso la galleria Pierre di Parigi con Jean Arp, Max Ernst, André Masson, Joan Miró e Pablo Picasso.
Nel 1934, la celebre artista surrealista Meret Oppenheim posa per lui in una ben nota serie di foto e restano numerose fotografie anche della pittrice surrealista Bridget Bate Tichenor. La fotografa surrealista Lee Miller diventa sua amante e assistente fotografica.
Man Ray all’epoca utilizza sistematicamente per primo la tecnica fotografica della solarizzazione.
Nel 1940 torna a New York e poi a Los Angeles dove insegna fotografia e pittura in un college ed espone in varie mostre. Finita la seconda guerra mondiale, Man Ray ritorna a Parigi dove continua a dipingere ed a fare fotografie. Alla Biennale di Venezia del 1961 riceve la medaglia d’oro per la fotografia mentre nel 1971 gli saranno dedicate due retrospettive, a Rotterdam e a Milano (alla Galleria Schwarz), comprendenti 225 lavori realizzati tra il 1912 e il 1971. Nel 1975 espone alla Biennale di Venezia.
In quella che considerava la sua casa a Montparnasse, muore a 86 anni (18/11/1976) e a Montparnasse viene sepolto.
Il suo epitaffio recita: “Non curante, ma non indifferente.”

Il libro del mese: Elliott Erwitt – Kids

Elliott Erwitt, ha fatto la storia della fotografia mondiale attraverso i suoi scatti in bianco e nero ed è universalmente annoverato tra i grandi maestri della fotografia mondiale di tutti i tempi. Il suo stile inconfondibile, caratterizzato dal bianco e nero e dal carattere ironico, è sempre mosso da un unico grande dogma: l’osservazione come punto di partenza per la realizzazione di qualsiasi tipo di scatto, da quello per un fotoreportage, sino al personale, che Erwitt ha per lungo tempo eseguito con la sua celebre Leica M3.
FOTOGRAFIA ED IRONIA: – “Chiunque può diventare un fotografo con l’acquisto di una macchina fotografica, così come chiunque può diventare uno scrittore con l’acquisto di una penna, ma essere un buon fotografo richiede più che la semplice perizia tecnica. Basta poco per capire se qualcuno è dotato di senso di stile, senso della composizione e un grande istintività. Tuttavia, tutte le tecniche del mondo non possono compensare l’impossibilità di notare le cose”. Al centro della poetica dell’artista sta proprio l’anima della fotografia, ovvero l’osservazione. L’attenta analisi della realtà che lo circonda. Questo gli ha permesso di giocare e schernire, sempre in modo benigno, i difetti propri dell’essere umano, eliminando tutte le velleità aleatorie, per giungere alla vera sostanza. Il suo è un mondo gentile, forse un po’ troppo ottimistico e vagamente fuori dal tempo, nel quale non c’è mai spazio per violenza, guerre, crudeltà e dove non compaiono né quartieri degradati né dimore sontuose, ma dominano cani, bambini e famiglie numerose, mentre anche i personaggi famosi sono ritratti nella massima spontaneità.

LEICA nella storia e non solo…

La macchina fotografica più cara del mondo: venduta per 2,4 milioni di euro una Leica del 1923.
A un’asta di Vienna il pezzo d’antiquariato è stato battuto per la cifra da record. Il prezzo di partenza era di 400mila euro: si tratta di uno dei prototipi creati due anni prima dell’inizio della commercializzazione delle macchine del marchio tedesco.
La cifra di partenza era 400mila euro. Quella battuta alla fine dell’asta è sei volte più alto, pari a 2,4 milioni. Un prezzo che ha incoronato un’antica Leica del 1923 la macchina fotografica più cara del mondo. L’acquirente è un collezionista privato di origine asiatica, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha precisato la galleria viennese Westlicht, che ha messo in vendita il pezzo. Una delle più importanti, riconosciuta a livello internazionale per le sue vendite prestigiose.

Un secolo di Leica: i grandi maestri del marchio in una mostra a Roma
Dopo il giubileo arriva la mostra. Leica, marchio tedesco che per molti è sinonimo stesso di fotografia, celebra se stesso con «I Grandi Maestri. 100 Anni di fotografia Leica», una mostra che rilegge la sua storia attraverso i grandi maestri. Da Henri Cartier-Bresson a Garry Winogrand passando per Robert Capa, Sebastião Salgado, Elliott Erwitt e Gianni Berengo Gardin, l’esposizione ospitata dal Complesso del Vittoriano di Roma dal 16 novembre al 18 febbraio è un vero atlante della fotografia contemporanea, 350 immagini che tutti abbiamo visto almeno una volta.
Leica ha compiuto un secolo di vita. La Ur-Leica del 1914 fu la prima macchina fotografica tascabile con rullino da 35 mm. Una rivoluzione per quei tempi perché si caricava all’aperto, in presenza di luce mentre la nuova Leica T è una fotocamera digitale di ultima generazione (2014) che integra tecnologia Wi-Fi ed è progettata per condividere in tempo reale gli scatti via email e Social Network.

Vedi l’articolo completo su “TECNOLOGIA” del Corriere della Sera.

Magnum compie settant’anni


Magnum Photos, l’agenzia fotografica più famosa al mondo, compie settant’anni. Per questo prestigioso traguardo, in collaborazione con Hachette, presenta una prestigiosa collana di monografie celebrative di grande formato che raccoglie il meglio della produzione dei fotografi tra i più importanti di sempre. Volumi da collezione, dedicati ai protagonisti di Magnum e alle loro più celebri fotografie. 96 pagine riccamente illustrate e stampate su carta di grande qualità per ottenere la migliore riproduzione a colori e in bianco e nero e apprezzare i dettagli di ogni singolo scatto.

I grandi autori: Ansel Adams e Edward Weston


Ansel Adams (1902-1984) è sicuramente uno dei fotografi più famosi della storia, inserito in molte classifiche tra i dieci fotografi più famosi di sempre.
Il suo stile inconfondibile lo ha reso una pietra miliare per le foto paesaggistiche; famose le frasi e gli aforismi più belli che sono rimasti nella storia, tra i quali: “Non ci sono regole per una buona foto, ci sono solo buone fotografie” Eccolo in un autoritratto con una Contax del 1932 uguale a quella che compare nella vetrina della nostra raccolta.
Edward Weston (1886-1958), di lui Ansel Adams amava dire: “Weston è uno dei pochi artisti creativi del nostro tempo…

Nuda sei semplice come una delle tue mani, liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente” recitava una poesia di Neruda. Nuda, seduta per terra, senza volto, Charis Wilson, compagna e modella di Weston, ripiega elegantemente su se stesso un corpo flessuoso e giovane, fotogra-fato sulla soglia della casa di Santa Monica; un ritratto in cui il richiamo delle forme, gli ovali disegnati dalle braccia e dalla testa e gli angoli retti delle gambe e della porta, esprimono la volontà di ricerca di un ritmo simmetrico. Ma la donna è fatta di carne: egli ama la sua sen¬sualità, la sua femminilità, la sua terrestre rotondità e la glorifica con una luce che magnifica la forma e ne scalda la perfezione. Weston è convinto che la macchina fotografica sia in grado di vedere meglio dell’occhio nudo. Così la usa come una lente d’ingrandimento per rivelare ciò che già esiste ma che spesso non si vede: la forma scultorea nascosta in un semplice peperone, le curve sinuose di un comune gabinetto, così come le ipnotiche linee di un nudo femminile. Non ci sono trucchi tecnici, la sua è pura fotografia. “La macchina fotografica dovrebbe essere usata per documentare la vita, per rendere la sostanza e la quintessenza della cosa stessa, che sia acciaio lucente o carne palpitante”. Weston cerca le forme all’interno della realtà, le isola, le sublima e con una luce che magnifica, ne rivela l’inatteso. L’astrazione dì Weston non è quindi perdita della realtà. Piuttosto è un’estrazione, una concentrazione di elementi, una scoperta che tende verso un valore universale della forma e della bellezza. Scriverà Ansel Adams: “Weston è uno dei pochi artisti creativi del nostro tempo… I suoi lavori illuminano il viaggio spirituale dell’uomo verso la perfezione“.

Le foto di Mario Giacomelli esposte ad Astino

Mario Giacomelli (Senigallia, 1/8/1925 – 25/11/2000) inizia a lavorare come tipografo ma, quando nel 1953 acquista una Bencini Comet S scatta in lui la passione per la fotografia e inizia a fotografare parenti, colleghi e amici. Frequenta uno studio fotografico, si addentra nella tecnica fotografica e, nel 1955, vince il Concorso Nazionale di Castelfranco Veneto. Produce alcune serie dallo stile di reportage come Lourdes (1957), Scanno (1957/59), Puglia (1958), Zingari (1958), Loreto (1959), Un uomo, una donna, un amore (1960/61), Mattatoio (1960), Pretini (1961/63), La buona terra (1964/66). Iniziano le prime pubblicazioni sulle riviste specializzate di Fotografia e i riconoscimenti da parte di critici d’arte fino ad arrivare, nel ‘64, ad esporre al MOMA di New York, che acquisirà poi diverse sue immagini, nella mostra The Photographer’s Eye. Nel ’78 partecipa alla Biennale di Venezia con Paesaggi. Nel 1980 esce un primo libro su di lui a cura di Arturo Carlo Quintavalle, che acquisisce buona parte di sue opere per il centro CSAC di Parma, mentre si susseguono le esposizioni delle sue opere in tutto il mondo. Dà poi alla luce le serie Il teatro della neve (1984/86) e Ho la testa piena mamma (1985/87).
Nel 1983/87 crea Il mare dei miei racconti e, con immagini degli anni ’70/90, crea la serie Le mie Marche. Negli anni ’90 produce le serie Vita del pittore Bastari (1991/92), Poesie in cerca d’autore, Bando (1997/99), 31 Dicembre (1997). Mario Giacomelli muore il 25 novembre del 2000 mentre stava lavorando alle serie Questo ricordo lo vorrei raccontare (1999/2000) e La domenica Prima (2000).

Peter Lindbergh, il poeta del glamour

Gli scatti di Peter Lindbergh, oggi 71enne, autore di vari Calendario Pirelli e del prossimo 2017, negli anni ’90 hanno segnato un cambiamento culturale, un modo nuovo di percepire la donna e la femminilità perché nei suoi scatti ha sempre voluto catturare il talento (“mi seduce più della bellezza”, ha più volte dichiarato). Una mostra a lui dedicata a Rotterdam dall’indicativo titolo: “Peter Lindbergh: A Different Vision of Fashion Photography” (10 settembre-12 febbraio 2017) racconta l’avvento di quel mondo a chi non l’ha vissuto o ne ha appena sentito parlare. Per il suo modo di rappresentare la femminilità, Peter Lindbergh è stato definito il poeta del glamour.
fonte: articolo di Gianluca Bauzano per “Sette”

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David Burnett e la foto sportiva

Molti grandi fotografi si sono cimentati con eccellenti risultati anche in quella speciale branca della fotografia tesa a immortalare il gesto atletico, la dinamica, la concentrazione ovvero la velocità e la plasticità delle persone impegnate in uno sport. Così David Burnett come ricordato in un recente articolo di Chiara Mariani apparso su “Sette”.

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I Grandi Fotografi: Duoglas Kirkland… 40 anni dopo

Duoglas Kirkland - marilynDa quella sera con Marilyn, Duoglas Kirkland ha girato parecchio il mondo: dai servizi giornalistici i n Cina, Giappone e Russia, agli innumerevoli lavori, conferenze e mostre in Europa, oltre a incarichi in America Latina sugli argomenti più diversi, dalla astronomia alla moda.
Kirkland ha percorso una lunga strada nella sua instancabile ricerca del mondo della fotografia, da lui tanto amato. Vive e lavora con la moglie Francoise a Los Angeles. Ha scattato fotografie sui set di oltre cento film e ha pubblicato undici libri, prima di questo.
“Benché durante la mia carriera io abbia incontrato numerose celebrità, nessuna di esse ha esercitato su di me un fascino sconfinato e duraturo come Marilyn. Quando mi viene chiesto quale sia stato il mio incontro più interessante, racconto la mia sera con Marilyn”.

George Shiras, il pioniere americano della “caccia fotografica”

Mentre la caccia tradizionale vede sempre più ridursi i propri appassionati (anche perché il numero di “doppiette” rischiava di diventare superiore al numero delle prede), la “caccia fotografica” vede sempre più aumentare i propri appassionati. La fatica degli appostamenti e le ore di ricerca, immersi nella natura, vengono ricompensate da immagini di animali selvatici che molti giovani non hanno mai avuto, e mai avranno, la possibilità di vedere nel loro ambiente naturale. Ma le tecniche di ripresa di questa specialità, soprattutto nell’ambito del notturno, non sono alla portata di tutti; e coloro che per primi, con grandi fatiche, mezzi artigianali ed enorme fantasia, l’hanno sperimentata e divulgata meritano un grande rispetto e riconoscenza. Maestro tra questi il fotografo George Shiras, alcune opere del quale sono ora in esposizione ora a Roma.
Fonte: Chiara Mariani per “Sette”.caccia fotografica

I maestri della Fotografia: Fernando Moleres

Fernando Moleres, nato a Bilbao nel 1963, ha svolto studi da infermiere all’Università dei Paesi Baschi; a partire dal 1987 ha iniziato a fotografare come autodidatta, dividendosi quindi tra il lavoro di infermiere e quello di fotografo fino al 1993.
Ne “II gioco rubato” Fernando Moleres documenta molte forme di lavoro minorile nel mondo. La sua maniera di vedere e catturare l’essenza dello sfruttamento dei bambini in vari contesti culturali è insieme persuasiva e coinvolgente. Ogni fotografia è una esortazione ad agire.
Le sue immagini sono state pubblicate dalle maggiori riviste spagnole e internazionali. Numerosi sono i premi ricevuti da Fernando Moleres, tra i quali: Foto Press 91, Spagna; Erna and Victor Hasselblad Foundation Grant, 1996, Svezia; World Press Photo – serie daily life -, 1998, Olanda; Subsidiary Grant of Eugene Smith Memorial, 1999, USA. Le fotografie di questo libro costituiscono una mostra itinerante esposta per la prima volta a Milano nel dicembre 1999; una sua selezione fa parte della mostra “The Light Beyond the Tunnel” che a partire dal 1998 porta queste immagini in tutto il mondo.

libro Fernando Moleres

Novità in Biblioteca: Vivian Maier

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II fascino della fotografa Vivian Maier è dovuto al mistero che circonda la sua vita e il suo lavoro; la misteriosa bambinaia fotografa diventata un caso mediatico poco dopo la sua morte, è nota solo a grandi linee, così come nota è solo una piccola selezione delle sue immagini e una manciata di informazioni sulla sua vita.
Vivian Maier. Una fotografa ritrovata è la raccolta più completa delle sue fotografie, in bianco e nero e a colori. Il volume esplora e celebra la vita e l’opera di Vivian Maier in una prospettiva precisa e attuale, analizzando il suo lavoro nel contesto della Street photography americana contemporanea. Con 240 fotograne in gran parte inedite, questa raccolta include anche le immagini degli effetti personali della fotografa, così come gli oggetti collezionati nella sua vita e mai prima d’ora visti.
Il libro svela il lavoro e la vita di un’artista estremamente riservata, che in vita realizzò un incredibile numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno. Come scrive Marvin Heifermann: “le foto di Vivian Maier affascinano non solo perché siamo in grado di vedere il suo mondo attraverso i suoi occhi, ma anche perché ci offrono un così vivido esempio di ciò di cui gli artisti e noi tutti abbiamo bisogno, vediamo e per il quale viviamo”.

dalla nostra biblioteca: Alinari, i grandi maestri del ritratto

Alinari arriva a Roma con i Savoia — erano i fotografi di corte — con la creazione della capitale nel 1870. La storia e la presenza di questo nome — che poi grazie al Senatore Cini avrebbe assorbito un’altra “gloria fotografica” di Roma (l’archivio di lastre “Anderson” di oltre 40.000 pezzi) — si confondono quindi con oltre un secolo di vita di Roma (1870-1975). Negli anni ’80 è stato fondato a Firenze in Palazzo Rucellai il primo Museo di Storia della Fotografia in Italia (allora l’unico e uno dei quindici esistenti al mondo) con lastre e negativi storici (i più importanti che si conoscono con oltre 600.000 lastre), e circa 150.000 foto antiche.
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I grandi della Fotografia : Ansel Adams

Nato nel 1902 a San Francesco da famiglia agiata, Ansel Adams vanta una preparazione culturale e artistica di prim’ordine; i genitori, infatti, lo spingono a studiare pianoforte e a frequentare l’università. E’ solo all’età di 28 anni che sceglie definitivamente e senza rimpianti il mestiere di fotografo. Prima Stieglitz, poi Weston lo scoprono, incoraggiano e aiutano; autore di numerosi fotolibri e manuali di fotografia, insegnante, coordinatore di mostre, Ansel Adams è stato, e continua ad essere per i giovani, maestro entusiasta e uomo d’immagine a cui l’evoluzione e la storia della fotografia devono molto.

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I grandi autori: Giovanni Gastel

gastel 1 Giovanni, parlando di sé, ci insegna a riflettere su noi stessi. Dice che per essere un vero fotografo bisogna “essere” nelle proprie immagini, occorre trovarsi un aggettivo: nel suo caso, “elegante” Poi bisogna essere disposti a cambiarlo, se occorre. Bisogna avere la capacità di cambiare il proprio modo di essere e di fotografare, di saper osservare i cambiamenti del mondo e in noi stessi. E di decidere al fine che la parola giusta da accostare a “fotografo” è “autore’.’ Giovanni mette in scena la sua fotografia. A differenza della maggior parte dei fotografi, non usa la macchina fotografica per riprendere il mondo esterno: osserva e ricostruisce in studio. La sua fotografia è più vicina al teatro che al cinema. Nella sua maturità di autore ha creato un mondo fatto di eleganza e gentilezza che condiziona anche le persone che entrano nel suo studio per essere ritratte. Gastel è una persona di grande intelligenza che ha fatto dell’inventiva e della sperimentazione la sua cifra professionale. La scelta delle fotografie pubblicate nel volume e la loro sequenzialità non seguono criteri temporali o antologici ma vuole mettere in evidenza la pluralità della sua visione. Gastel è una persona che non pensa solo a sé. E’ diventato presidente dell’Associazione Fotografi Italiani Professionisti (AFIP), impegnandosi nel rinnovamento culturale dell’associazione.