Andy Warhol, l’artista del pop a Pagazzano

Sarà aperta fino al 2 maggio la mostra “Andy Warhol e l’Italian Pop”, ospitata nella Sala del Torchio nel Castello di Pagazzano. Una mostra che celebra la carriera del grande artista statunitense con l’esposizione di ben settanta opere originali, tra cui le note serigrafie raffiguranti Marilyn Monroe, la serie “Ladies & Gentlemen”, le copertine discografiche dei Velvet Underground, disegni, negativi fotografici e una sezione “ cinematografica”.
Accanto al lavori più conosciuti, sono presenti opere meno note in un percorso espositivo in grado di far emergere il valore dell’artista e la portata rivoluzionaria dei suoi “prodotti” artistici, manifesto di una realtà caotica e consumistica che caratterizza l’America degli anni Cinquanta, dove tutto diventa merce, dai barattoli di zuppa Campebell’s, alle celebrità come Elvis e Marilyn, alle stesse relazioni umane, riprese da Warhol nei suoi film, che si svuotano per la perdita di valori in una società che si abbandona al superficiale.

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Quando l’Arte scaturisce dalle mani…

Un’occhiata di Ivan Mologni nell’atelier dello scultore, un mondo tutto particolare in cui si respira aria di vera arte. Pierantonio Volpini, nato a Buenos Aires nel  1955, vive a Bergamo dal 1982. Scultore, proviene da studi tecnici e dall’ Accademia di Belle Arti di Brera e ha fondato la galleria “Progetto Volpini” negli anni ’80 con la scultrice giapponese Oki Izumi. Partecipa a diverse mostre e alla ricerca nel design e ha collaborato alla realizzazione di numerosi progetti. Nel suo “laboratorio” vengono sovente organizzati anche incontri culturali su vari argomenti.

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“Paparazzo”… un tipo di fotografo particolare

Con il termine “paparazzo” si definiscono (a volte in modo dispregiativo) quei fotografi specializzati nel riprendere personaggi famosi in occasioni pubbliche o nella loro sfera privata, quasi sempre cercando le situazioni più particolari, più rare, più compromettenti (in modo da poterne ricavare più denaro). Il termine è una parola d’autore creata e diffusasi grazie al film di Federico Fellini “La dolce vita“, nel quale un personaggio (interpretato da Walter Santesso), che esercita questa professione, ha il cognome Paparazzo e Fellini modellò poi il personaggio sui racconti di Carlo Riccardi, Tazio Secchiaroli e Marcello Geppetti, celebri fotografi dei divi nella Roma degli anni sessanta. Fu Rino Barillari a valorizzare il termine “paparazzo” rendendola una figura rispettabile del fotogiornalismo italiano.
Anche Lady Gaga ha dedicato recentemente ad essi un singolo.
Nel libro dedicato ad Audrey Hepburn, il figlio dell’attrice ne parla diffusamente:
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Audrey a Roma 3“A Roma mia madre diventa inevitabilmente anche protagonista degli scatti dei “paparazzi” ante-litteram. Gli inseguimenti inscenati da Walter Santesso – paparazzo nella Dolce vita felliniana toccano pure a lei. Ed è stata una foto del grande Rino Barillari capitatami tra le mani a dare idealmente il via a questa concatenazione di foto che raccontano Audrey a Roma. Mamma però non viene mai colta in fallo, tranne forse per uno sguardo trasognato, rubato a tarda notte in un night. A quel tempo tra attrice e fotografo si creava un sodalizio. Mia madre aveva i suoi fotografi di fiducia, ai quali dava l’esclusiva, ottenendo in cambio immagini impeccabili. Continua a leggere

Sguardi femminili: Julia Margaret Cameron e Margaret Bourke-White

sguardi femm 1Il Fotoclub Bergamo, come sempre attento a ciò che viene pubblicato su giornali e riviste relativamente all’argomento oggetto della sua passione, segnala questa volta un interessante articolo di Livia Salvi apparso sul numero

attualmente in distribuzione di InfoSostenibile :

Julia Margaret Cameron, Margaret Bourke-White e il loro contributo alla Storia della Fotografia
L’invenzione della fotografia segnò un’epoca: era l’inizio dell’Ottocento e la riproduzione di immagini fino a quel momento era una prerogativa della pittura.
La nuova tecnica sconvolse e divise l’opinione pubblica: c’era chi sosteneva che avrebbe sostituito il disegno, chi la temeva considerandola addirittura immorale e chi invece salutava il nuovo mezzo come la più grande invenzione del secolo.
Certo, la fotografia degli albori era molto diversa da come la conosciamo oggi: i dagherrotipi richiedevano tempi di posa lunghissimi ed erano pesanti lastre di rame argentato sulle quali l’immagine appariva come un’ombra; venivano chiamati anche “specchi della memoria” ed erano pezzi unici, non riproducibili.
In molti si dedicarono alla sperimentazione e alla ricerca, e nel giro di alcuni decenni la tecnica venne notevolmente migliorata: si lavorò per ottenere maggiore fotosensibilità al fine di ridurre i tempi, per produrre più copie con una buona definizione e per stampare su carta. Lo sviluppo della tecnica ampliò le possibilità del mezzo e, dopo la metà del secolo, i fotografi iniziarono a esplorare nuove possibilità creative.
Quando Julia Margaret Cameron (1815-1879) ricevette in dono dalla figlia il suo primo apparecchio fotografico era il 1863;… Continua a leggere